La passeggiata di Goethe
Ho prenotato per questa afosa serata romana una visita guidata lungo le pendici del Palatino. Si tratta di un percorso recentemente aperto che si snoda lungo i margini meridionali e occidentali del colle. Data la peculiarità del luogo, non sono state valorizzate solo le testimonianze archeologiche, ma anche quelle relative al paesaggio e alla vegetazione spontanea. Durante il cammino quindi i pannelli alternano informazioni storiche a quelle naturalistiche con riferimenti alla Naturalis Historia di Plinio il Vecchio. La visita guidata, che vi consiglio vivamente, prevede l’accesso esclusivo durante l’orario di chiusura del Parco Archeologico. Il fil rouge del percorso saranno gli scritti del Grand Tour di Goethe, da qui il nome della visita “la passeggiata di Goethe”. Purtroppo (o per fortuna?) mi ritrovo ad essere l’unico partecipante a questo ultimo turno, definito dalla guida stessa, brava e preparata, “per i feticisti delle sostruzioni”.
Mi ero già accorto che Tischbein mi osservava sovente con attenzione, e ora si scopre che vuol dipingere il mio ritratto. Il bozzetto è pronto, la tela già montata. Vi figurerò a grandezza naturale in veste di viaggiatore, avvolto in un mantello bianco, seduto all’aperto su un obelisco rovesciato, nell’atto di contemplare i ruderi della Campagna romana in lontananza. Ne verrà un bel quadro, solo che sarà troppo grande per le nostre case nordiche; io non potrò che tornare a rimpiattarmi là dentro, ma non ci sarà posto per il ritratto.
Roma, 29 dicembre 1786
Goethe, Viaggio in Italia
Il tour parte dal portale che in origine era l’accesso monumentale agli Horti Farnesiani, attribuito al Vignola con interventi successivi di Del Duca. In occasione dei gradi scavi archeologici di fine Ottocento, gran parte delle pertinenze della proprietà Farnese vennero demolite, ma il portale, considerato il suo valore storico e artistico, venne smontato e ricollocato nell’attuale sede che funge da ingresso al Palatino.
Proseguendo verso il Circo Massimo, si costeggia la zona dove anticamente sorgeva il Septizodium, un gigantesco ninfeo che fungeva da quinta monumentale a chi arrivava a Roma dalla via Appia. Le sue rovine furono definitivamente smantellate su volere di Sisto IV, e compaiono infatti in molte raffigurazioni rinascimentali e “capricci”.
Il percorso si snoda in una bellissima area verde, non sembra nemmeno di essere in centro a Roma, costeggiando le imponenti arcate severiane, le sostruzioni che permettevano l’estensione del palazzo imperiale del Palatino. Grazie al passaggio elegantemente coperto da una struttura metallica, è possibile apprezzare da vicino la tecnica muraria romana che prevedeva l’uso di mattoni nelle cortine come contenitori del conglomerato, quest’ultimo costituiva il nucleo vero e proprio delle murature. Imponenti sistemi di arcate sovrapposte permettevano di raggiungere la straordinaria altezza necessaria per arrivare alla quota di calpestio del palazzo. La guida ha fatto notare anche il punto dove un’ulteriore estensione della superficie del Palatino, voluta da Massenzio, è chiaramente distinguibile dalle nuove sostruzioni che si addossano a quelle preesistenti.
L’addizione voluta da Massenzio era destinata soprattutto alla realizzazione del nuovo complesso termale, del quale sono ancora visibili, alzando lo sguardo, i resti. Spostandosi invece verso sinistra, in direzione del proseguimento del percorso anulare lungo le pendici, si intravede un ambiente absidato che si affaccia verso il Circo Massimo, più avanti invece si costeggiano le strutture pertinenti alla Domus Augustana.
Ma, confessiamolo, è dura e contristante fatica quella di scovare pezzetto per pezzetto, nella nuova Roma, l’antica; eppure bisogna farlo, fidando in una soddisfazione finale impareggiabile. Si trovano vestigia di una magnificenza e di uno sfacelo che superano, l’una e l’altro, la nostra immaginazione.
Roma, 7 novembre 1786
Goethe, Viaggio in Italia
Superata la facciata della Domus Augustana si giunge ad una struttura porticata che è stata riconosciuta come il Paedagogium, una sorta di istituto di formazione per la servitù imperiale. Particolarmente interessante è il c.d. Graffito di Alessameno, ora esposto al vicino Museo del Palatino, inciso su un lacerto di intonaco datato all’età severiana (192-235 d.C.). La scena blasfema ritrae un personaggio crocifisso con la testa di asino e un orante, mentre il testo recita “Alessameno venera [il suo] dio”. Questo graffito, malgrado sembri deridere il religioso Alessameno, fornisce indirettamente una delle prime possibili testimonianze del culto del crocifisso diffuso nella Roma del III sec.
Proseguendo il sentiero si costeggia la parte più antica dell’insediamento sul Palatino. L’angolo sud-occidentale del colle ospita luoghi dove la storia si confonde il mito: il Lupercal e le Scale Caci, e si riescono a vedere le strutture a protezione delle evidenze delle capanne dell’Età del Ferro (c.d. Capanne Romulee), visitabili accedendo alla Casa di Augusto. Ottaviano infatti fece edificare il suo palazzo in corrispondenza delle più antiche memorie delle città, legando la sua immagine al mitico fondatore Romolo. Poco meno di un anno fa ho avuto l’onore di partecipare alla prima campagna di scavi proprio qui, tra il Lupercal e Sant’Anastasia, con la Sapienza di Roma.
La visita si avvia alla conclusione con una ripida discesa che costeggia le monumentali sostruzioni che sostengono la Domus Tiberiana. Sembra davvero di essere davanti ad un palinsesto delle tecniche edilizie romane che si integra e confonde con la roccia naturale del colle. Proseguendo si giunge a ridosso del Foro Romano, in una zona a spiccata vocazione commerciale. La grande struttura a più piani sono gli Horrea Agrippiana, un complesso logistico adibito allo stoccaggio fatto costruire da Agrippa. Sono stato particolarmente fortunato perché l’area è straordinariamente pulita ed ordinata dopo le recenti indagini archeologiche. Vari ambienti si aprono attorno al grande cortile lastricato centrale dove al centro, protetto da una tettoia, si può vedere un bellissimo mosaico bicromo e la dedica al Genius Horreorum (grazie alla quale è stato possibile identificare il complesso).
La bravissima guida mi lascia al cancello che si apre verso il Foro Romano, deserto visto che l’ora di chiusura è passata da un bel pezzo. Poiché che sono l’unico visitatore mi concede qualche minuto, senza allontanarmi per godere del tramonto sul tempio dei Castori e decide di leggermi questo passo:
Mi recò particolare soddisfazione un passo di una lettera di Winkelmann a Franken. «A Roma, dice egli, fa d’uopo esaminare ogni cosa con una certa pacatezza […]. Roma, io credo sia la più grande scuola per ognuno, e per conto mio l’ho provato, e me ne sono persuaso.»
Roma, 13 dicembre 1786
Goethe, Viaggio in Italia
Consigli di lettura
- AA.VV. Percorsi nel verde alle pendici del Palatino, Electa, Milano, 2018
- Carletti, C. Il segno del vincitore, L’Osservatore Romano, 2009
http://www.vatican.va/news_services/or/or_quo/cultura/269q04a1.html - Coarelli, F. Roma, Guide Archeologiche Laterza, Bari, 2008
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